Comunione de residuo: diritto del coniuge non imprenditore.
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Comunione de residuo: diritto del coniuge non imprenditore.
Al momento dello scioglimento della comunione legale, che natura giuridica ha il diritto del coniuge non imprenditore, sui beni in comunione de residuo destinati all’esercizio dell’impresa dell’altro? Secondo la Cassazione a Sezioni Unite, con pronuncia del 17 maggio 2022 n. 15889, la natura giuridica del diritto del coniuge non imprenditore, sui beni acquistati dall’altro in comunione de residuo, al momento dello scioglimento della comunione legale, è quella di diritto di credito pari al 50% del valore dei beni in comunione de residuo. Tale tesi è preferibile rispetto a quella della natura reale del relativo diritto per una serie di ragioni e cioè per la:
– tutela del coniuge non imprenditore: Si obietta che la caduta in comunione dell’azienda implicherebbe anche il subentro del coniuge non imprenditore nella responsabilità per i debiti contratti in precedenza
– tutela dei creditori dell’impresa: Non trascurabili risultano anche le esigenze di tutela dei creditori dell’impresa, i quali hanno fatto affidamento, anche in vista della concessione del credito, sulla consistenza dell’azienda ritenuta di proprietà esclusiva dell’imprenditore e che, appena intervenuto lo scioglimento della comunione legale, vedrebbero la garanzia patrimoniale del loro credito ridotta del 50%, in ragione della insorgenza del diritto di comproprietà in favore del coniuge non imprenditore” (SS.UU. 15889/22).
– valorizzazione dell’impresa: Altro argomento speso a favore della natura obbligatoria è quello che complessivamente valorizza le esigenze dell’impresa, sia dal lato del coniuge imprenditore che da quello dei creditori dell’impresa. Le regole gestorie della comunione imporrebbero che ogni scelta relativa ai beni aziendali non possa prescindere dal consenso dell’altro comunista, con il rischio di addivenire alla paralisi dell’attività imprenditoriale.